martedì 21 ottobre 2008

Registri pubblici senza notaio? Un esempio dalla Germania.

Il parlamento tedesco, il 26 giugno 2008, ha approvato la riforma delle società a responsabilità limitata (Gmbh-Gesellschaft mit beschränkter haftung). La relativa legge sta entrando in vigore in queste settimane, come informa C. Armbruester della Freie Universitaet di Berlino (v. Il Sole 24 Ore del 19 ottobre 2008, p. 23).

Una delle novità più rilevanti della nuova legge è la previsione di costituire una società utilizzando atti costitutivi e iscrizione nel Registro delle Imprese secondo modelli standard previsti dalla legge.

L’autore segnala anche che “Inizialmente si era pensato per questi casi di eliminare la necessità dell'atto notarile. Ma poi all'ultimo minuto si è deciso di soprassedere data l'importante funzione della consulenza e dell'avvertimento notarili."

Così commenta la vicenda il sempre attento Notaio Cesare Licini:
“L'aver previsto che il notaio continua a servire, non tanto sul piano della certificazione dell'identità (l'aspetto più "meccanico", se vogliamo), quanto sul piano dell'assistenza e dell'avvertimento (il c.d. "independent face-to-face counselling"), che sono l'aspetto più dotato di capacità relazionale nelle moderna società della complessità, e dove si deve giocare la capacità del notaio di inclusione sociale e di coinvolgimento del cliente come partner nel processo di produzione dell'atto notarile (il momento del fare), rappresenta un elemento forte di una (ri)costituzione della percezione di utilità del notaio nel pubblico.
E dimostra che si è preso atto che anche davanti ad una modellizzazione semplificata, l'asimmetria informativa resta troppo grande, e che può soccorrere solo l'assistenza di un terzo specialista indipendente e di fiducia (perchè la fiducia non è surrogabile).
Sarebbe stato assai grave, e avrebbe offerto una grandissima sponda a quelle forze che da noi si muovono con la stessa logica, che fosse passata una sorta di fungibilità del ruolo del notaio, con la quiescenza ad un modello standard, magari trasmesso con smart card e PIN, totalmente privo di quella relazionalità personale che gli USA dimostrano essere uno fra i fattori chiave del disastro finanziario.”

La scelta tedesca, quindi, pur andando nel senso della semplificazione, risulta attenta a due profili di estrema attualità: la consulenza e l’avvertimento, entrambi resi da un terzo indipendente che si coniugano, aggiungiamo noi, all’esigenza di affidabilità dei pubblici registri.

Non è fuor d’opera rilevare, infatti, come nei paesi in cui i registri pubblici possono essere “alimentati” da chiunque, ci si preoccupi di segnalare i rischi di inaffidabilità dell’informazione.

La sezione “disclaimer” della Companies House inglese (http://www.companieshouse.gov.uk/legal/disclaimer.shtml) è al riguardo significativa:

“The information available on this site is not intended to be comprehensive, and many details which may be relevant to particular circumstances have been omitted. Accordingly it should not be regarded as being a complete source of company law and information, and readers are advised to seek independent professional advice before acting on anything contained herein. Companies House cannot take any responsibility for the consequences of errors or omissions.“

martedì 14 ottobre 2008

Crisi dei mutui, asimmetrie informative, regole

di Cesare Licini


In questa caduta degli dei alla quale stiamo assistendo, presto vedremo anche mutamenti delle psicologie di massa, perché tramonta anche un altro mito del mercato, l’idea forte alla base della dottrina dell'economia detta neoclassica, quella secondo la quale l’individuo è per natura perfettamente razionale, ed è quindi il miglior consulente di sé stesso: purchè gli vengano messe a disposizione tutte le informazioni per istruire il suo interesse, è sempre razionale e freddo nelle sue scelte, non ha bisogno di nessuno per entrare ad armi pari nell'arena dei mercati, ed è infallibile nell’adottare decisioni corrette.

Quest’idea è tragicamente smentita, perché la “povertà della ragione” non permetterà mai agli individui in carne ed ossa, di disporre e gestire realmente per intero tutte le informazioni mobilitate dal mercato, e ancor meno di immaginare le sottili e complicate astuzie con cui ad esempio i c.d. prodotti finanziari vengono messi a punto dai maghi del marketing, o di stimarne in maniera affidabile gli effetti.

Gli apprendisti stregoni da una parte hanno giocato a poker coi soldi della gente normale, turlupinata da abbaglianti prodotti finanziari, e hanno dimostrato che l’errore è implicito, ma soprattutto, è prevedibile, e dagli specialisti può addirittura essere indotto.

Ma hanno anche essi stessi dimostrato i risultati già raggiunti in sede teorica dagli economisti non-classici, perdendo il controllo della situazione, con prodotti la cui sofisticazione elaborata dagli algoritmi dei computer, è diventata troppo complessa da maneggiare.

“La nostra mente è infatti incapace di analizzare tutte le informazioni utili per compiere correttamente le nostre scelte, e non dispone neppure delle risorse necessarie per svolgere i calcoli richiesti dalle leggi della probabilità” (cfr. M. Motterlini, Economia emotiva, Rizzoli, 2006, p. 57 e passim; M. Benilde, Scanner les cerveaux pour mieux vendre, Le Monde diplomatique, nov. 2007, p. 3).
Oggi vi è un generale revirement contro la riduzione che fanno gli economisti tradizionali, quando giudicano intuizioni, emozioni, attitudini personali e sociali, come “rumori di fondo” non analizzabili e capricciosi, mentre per i c.d. “economisti cognitivi” occorre riconiugare psicologia ed economia nella loro cruciale relazione di complementarietà, per costruire modelli della decisione in grado di mediare tra le astratte funzioni del comportamento razionale, e il reale comportamento umano.

In questo quadro, tornano in primo piano i liberi professionisti.
Essi sono infrastrutture portanti della “sfera pubblica borghese”, che riempiono con i propri saperi e con la presenza capillare sul territorio, gli spazi di protezione dei cittadini, altrimenti isolati alla mercè dello strapotere dei poteri “vestiti” (grandi imprese, sindacati, politica), tutti coalizzati dal comune interesse ad essere i vertici delle polarizzazioni, senza interferenze della società civile.

Grazie alla loro sapiente indipendenza, ai professionisti è ancora riconosciuta la rappresentanza fiduciaria degli interessi dei singoli nei confronti delle grandi strutture, facendone in un certo senso una delle più efficienti forme di sussidiarietà, perchè difendono in modo sufficientemente disinteressato da essere creduti, valori che si oppongono a quelli che rendono compulsivo il consumatore.

Rappresentare in modo professionistico interessi individuali ha un significato ben conosciuto agli uomini del marketing, perché consiste nella freddezza necessaria a smascherare i condizionamenti e i veli sotto i quali vengono nascosti i termini di una transazione, le alternative e gli illusionismi presentati dagli specialisti della comunicazione per orientare in modo inesorabile quanto occulto le scelte verso il prodotto o il prezzo selezionato dal produttore, facendo credere che le decisioni del compratore siano frutto della sua libertà.

Fino ad ora, la reagonomics ci ha messo nell’angolo; ma quella odierna è una crisi di sistema, che richiede una risposta di sistema, ma soprattutto, un cambiamento di sistema. Infatti, nonostante il prof. Giavazzi, che ancora insiste a dire che la distruzione creativa (…sola igiene del mondo?) è il prezzo da pagare per avere gli investimenti che hanno fatto nascere Google (è un paralogismo: chi glielo ha detto?), siamo in presenza della devianza di un sistema che è certamente di libertà, ma solo se resta gemello della morale, solo se opera con prudenza e rispetto altrui. Non quando si lasciano ai loro peggiori istinti mettendogli in mano armi di distruzione di massa cariche, predatori con un ego napoleonico, in delirio di onnipotenza.

Il problema non è mercato contro Stato, ma mercato dentro regole. E soprattutto, regole che permettano di tornare a non usare più la persona, come strumento con cui rischiare.
Robert Shiller, segnalato da Alberto Forte, indica fra le opzioni affinché non si ripetano i disastri dei mutui subprime, l’assistenza del notaio latino, esattamente in questo senso: lo specialista legale indipendente che dà consulenza e suggerimenti a chi non è in grado di dotarsi di costose strutture di consulenza, attraverso l’effetto rituale del leggere ad alta voce e interpretare il contratto.
Il che non è altro che la declinazione del principio “rule of law”, primato della legalità, in contrapposizione alle condizioni di supremazia degli interessi economici, considerato uno dei cardinali per la sicurezza, la democrazia, la promozione dei diritti umani ed in genere per lo sviluppo economico, in tutto il mondo.

La soluzione è molto semplice, e significa regole ragionevoli, in quadro di empatia fra professionista imparziale e cliente. Il Notariato è una regola, funziona, e infatti esiste da sempre, perché è un quadro riconosciuto di rappresentanza fiduciaria rispetto agli interessi dei “giocatori forti”, e nell’interesse generale. Esattamente quello che è mancato, ad un mercato che ha perso la prima regola cui deve attenersi chi vuole essere libero: il rispetto degli interessi e dei bisogni altrui.

domenica 12 ottobre 2008

Semplificazioni ed affidabilità dei pubblici registri: un caso esemplare in materia di cancellazione di ipoteche

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di Ignazio Padolecchia

In questo post parleremo di un argomento già affrontato in precedenza su questo blog: la cancellazione delle ipoteche con il procedimento introdotto dalla legge Bersani-bis. Per chi si fosse affacciato a questo blog per la prima volta, e per chi fosse a digiuno dell’argomento, sarà opportuna una breve introduzione.

La legge Bersani-bis (Legge n. 40 del 2 aprile 2007) ha introdotto, tra le altre disposizioni, un nuovo procedimento di cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia dei mutui bancari, caratterizzato dal fatto che, per ottenere la cancellazione, non è più necessario il rilascio di un atto ricevuto o autenticato da un notaio, ma è sufficiente una comunicazione della banca sottoscritta con firma digitale. Bene! hanno detto in molti, almeno per le cancellazioni non dovremo più pagare al notaio la solita salatissima parcella. Ma il nuovo procedimento di cancellazione, alla prova dei fatti, funziona effettivamente? Giudicate voi.

Anzitutto occorre rilevare che la cancellazione eseguita secondo il procedimento ordinario regolato dal codice civile e la cancellazione speciale disciplinata dalla legge Bersani-bis non sono affatto equivalenti. La cancellazione “ordinaria” prevede infatti un doppio controllo: da un lato quello del notaio, che verifica l’identità ed i poteri di firma del funzionario della banca, nonché la corrispondenza dei dati dell’ipoteca da cancellare e degli immobili da liberare con quelli indicati nella nota di iscrizione dell’ipoteca; dall’altro quello del Conservatore, che controlla che il titolo e la nota abbiano tutti i requisiti fissati dalla legge e che la nota sia conforme al titolo. All’esito positivo di questo doppio controllo (e non è raro che il Conservatore rimandi indietro la pratica al notaio), viene eseguita la cancellazione, la quale ha efficacia costitutiva; vale a dire, comporta la definitiva ed irrevocabile estinzione dell’ipoteca, e ciò anche se la cancellazione sia stata eseguita illegittimamente o per errore: è cioè una sorta di pietra tombale dell’ipoteca.

Tutt’altra musica per la cancellazione “Bersani”. Qui il controllo viene eseguito automaticamente dal sistema, ed ha sostanzialmente per oggetto l’apposizione della firma digitale alla comunicazione da parte di uno dei soggetti autorizzati e la conformità del file ai requisiti tecnici richiesti. Il Conservatore non entra nel merito del rapporto sottostante all’ipoteca e non assume alcuna responsabilità in ordine al contenuto della comunicazione. Di conseguenza, anche gli effetti della cancellazione “Bersani” sono diversi da quelli della cancellazione “ordinaria”: infatti, secondo l’interpretazione “ufficiale” dell’Agenzia del Territorio, la cancellazione “Bersani” non ha efficacia costitutiva (cioè “tombale”), ma mera efficacia di pubblicità-notizia (così la Circolare n. 5 del 1° giugno 2007); serve, cioè, solo a portare a conoscenza degli interessati che l’ipoteca si è estinta “automaticamente” con il decorso di trenta giorni dalla data di estinzione del mutuo (art. 13, comma 8-sexies l. 40/2007). Il problema sorge nei casi in cui la comunicazione di estinzione del mutuo sia stata fatta per errore, ad es., perché il debito è stato rimborsato solo parzialmente, oppure perché un’altra banca si è surrogata nell’ipoteca per effetto del meccanismo della c.d. portabilità del mutuo; in tali casi, accettando la tesi della efficacia di pubblicità-notizia della cancellazione “Bersani”, l’ipoteca non sarebbe effettivamente estinta, ma continuerebbe a gravare sull’immobile ipotecato, con tanti saluti all’affidabilità dei registri immobiliari.

L’argomento, finora, non ha ricevuto l’attenzione che meritava da parte degli addetti ai lavori: se ne è parlato abbastanza poco, anche da parte degli stessi notai, sicuramente non tanto quanto l’affidamento delle cessioni di quote ai commercialisti. Eppure, i problemi che le cancellazioni Bersani” pongono non sono da poco: se io voglio acquistare un appartamento, il primo controllo che devo fare riguarda proprio la libertà dell’immobile da ipoteche, e se trovo un’ipoteca cancellata, devo poter fare affidamento sul fatto che questa ipoteca sia effettivamente estinta. Ora, le difficoltà alle quali vanno incontro gli operatori del diritto alle prese con le cancellazioni “Bersani”, possono ben essere rappresentate dall’episodio che qui si vuole raccontare, che non è frutto della fantasia dell’autore, ma è un caso realmente accaduto ad uno dei redattori di questo blog, ed anzi è proprio quello che ha fornito lo spunto per questo articolo.

La società ALFA s.r.l. contrae un mutuo con una banca per la costruzione di un fabbricato, concedendo ipoteca sopra il terreno sul quale verrà realizzato l’edificio. La costruzione viene terminata e la banca consente al frazionamento del mutuo in cinque quote; conseguentemente, anche l’ipoteca originaria viene frazionata in cinque quote, ognuna delle quali corrisponde ad uno dei cinque appartamenti di cui si compone la palazzina. Con regolari atti notarili in data 5 ottobre 2007 ed in data 23 novembre 2007 viene cancellata l’ipoteca gravante sui primi due appartamenti. Questi due appartamenti vengono venduti, e successivamente vengono venduti anche il terzo ed il quarto appartamento, ma senza cancellare l’ipoteca su di essi gravante (presumibilmente perché gli acquirenti si sono accollati la relativa quota di mutuo). Oggi deve essere venduto il quinto appartamento, e l’acquirente, che ha già pagato la maggior parte del prezzo, incarica il suo notaio di fiducia di verificare se l’immobile da acquistare sia gravato da formalità pregiudizievoli. Dalle visure ipotecarie, con grande sorpresa del notaio, oltre le cancellazioni parziali relative ai primi due appartamenti salta fuori anche una cancellazione totale effettuata con la procedura “Bersani”; eppure, da informazioni raccolte presso la banca, risultava che l’ultima quota di mutuo, ancora in carico alla società ALFA s.r.l., non era stata affatto estinta. Come mai è potuto accadere ciò? E’ successo che la banca, avendo ricevuto il pagamento per estinzione di una delle altre quote di mutuo, ha effettuato la comunicazione alla Conservatoria con il codice “100” (cancellazione totale) anziché con il codice “101” (cancellazione parziale), ed il Conservatore, che come si è detto non effettua alcun controllo di merito circa il contenuto della comunicazione, ha eseguito la cancellazione senza battere ciglio.

Provate ora a mettervi nei panni del signore che deve acquistare il quinto appartamento. Da un lato, dovrebbe poter fare affidamento sulla cancellazione dell’ipoteca senza essere tenuto ad indagare sui rapporti tra la banca e la società di costruzioni, che tra l’altro, come si è detto, è già stata pagata quasi per intero, ed inoltre, secondo alcune indiscrezioni, naviga in cattive acque; per di più, se vi è stato un errore, questo è sicuramente imputabile alla banca, che pertanto ne dovrebbe sopportare le conseguenze, per un elementare principio di autoresponsabilità. Dall’altro, stante l’indirizzo dominante esposto in precedenza, secondo cui la cancellazione “Bersani” ha efficacia di mera pubblicità-notizia, il nostro acquirente non ha certo di che dormire sonni tranquilli, e del resto è difficile pensare che la banca molli così facilmente l’osso senza instaurare un contenzioso, stante anche il rischio di insolvenza da parte della ALFA s.r.l. Per completare il quadro, il complesso delle norme e dei provvedimenti amministrativi che regolano l’intricata materia (sono dieci fino ad oggi, tra decreti, circolari e risoluzioni ministeriali) non prevedono in alcun modo la possibilità di annullare le cancellazioni “Bersani” eseguite per errore (è possibile invece presentare una dichiarazione di permanenza dell’ipoteca, ma solo nei trenta giorni dalla data di estinzione del mutuo e non dopo che è stata eseguita la cancellazione); né è pensabile il Conservatore si assuma la responsabilità di un provvedimento d’ufficio; inoltre, anche nel caso in cui la quota di mutuo gravante sull’immobile a vendersi fosse estinta, non è affatto detto che il Conservatore esegua una cancellazione parziale, essendo stata già eseguita una cancellazione totale.

Che altro dire? Il nostro caso dovrebbe dimostrare, al di là di ogni constatazione di parte, come le semplificazioni, se attuate frettolosamente e senza criterio come quella in esame, finiscono in realtà per danneggiare il cittadino che se ne dovrebbe avvantaggiare, arrivando anzi a mettere a repentaglio la stessa affidabilità ed integrità dei registri pubblicitari (ogni parallelo con il caso delle cessioni di quote è assolutamente voluta). La vicenda è comunque paradigmatica della sostanziale inefficienza economica della semplificazione del procedimento “Bersani” (a quanto ammontano i costi transattivi di tutte le verifiche che le parti, tramite il notaio, devono effettuare?). E i dubbi giuridici circa l’efficacia della cancellazione Bersani non costituiscono di per sé un ulteriore costo?

martedì 7 ottobre 2008

Un Notariato per gli USA? Secondo Shiller, servirebbe

Robert J. Shiller non è un notaio, e neppure il marito di una graziosa notaia.

E' un severo docente di Finanza in una delle più prestigiose università americane (Arthur M. Okun Professor of Economics, Department of Economics and Cowles Foundation for Research in Economics, Yale University, e Professor of Finance and Fellow nell'International Center for Finance, Yale School of Management), scrive saggi internazionalmente riconosciuti sulla speculazione borsistica, dirige un centro studi dedicato al mercato immobiliare americano che elabora un indice utilizzato dalla Borsa di Chicago.
Chi fosse curioso di vedere che faccia ha, può trovare maggiori informazioni sulla sua pagina web.

Eppure il Professor Shiller dedica qualche attenzione ai notai nel suo ultimo libro, The Subprime Solution: How Today's Global Financial Crisis Happened, and What to Do about It, Princeton University Press, 2008.
Straordinariamente, non lo fa per decretarne l'assurdità logica, oppure per associarsi al coro di chi sancisce l'anacronistica inutilità degli scribi nostrani: eravamo abituati a sentirci dire che nel paradiso statunitense i notai per fortuna non esistono e che lì basta pagare cinque dollari al pizzicagnolo per l'autentica.
Tanto ... i contratti li fanno i legali di fiducia delle banche o delle imprese: si fa prima ed è più moderno!

Chi legge il libro di Shiller potrà invece verificare che esistono opinioni differenti e che provengono da fonte indipendente ed autorevole.

Nel capitolo sei, vengono esposte proposte di riforma del sistema di erogazione del credito ed in particolare della divulgazione delle necessarie informazioni; naturalmente, appare necessario predisporre adeguate "misure di sicurezza" per le persone che assumono mutui ipotecari senza avere sufficiente coscienza degli oneri connessi.

Shiller ricorda come sia pesante l'inerzia dell'utente nell'accettare supinamente contratti apparentemente standardizzati, senza approfondirne i contenuti: il tema della trasparenza, che tanto ancora deve essere studiato anche nel nostro Paese.

Shiller considera utile, a questo scopo, prevedere che il contratto di finanziamento sia stipulato con l'assistenza di un notaio di diritto civile (civil law notary); spiega ai suoi concittadini che i notai sono scelti dello Stato tra i professionisti legali con particolare preparazione ed esistono in molti Paesi, ma non negli Stati Uniti; chiarisce che il notaio deve leggere a voce alta il contratto e spiegarne i contenuti, fornendo i chiarimenti legali ad entrambe le parti, prima di procedere alla certificazione delle sottoscrizioni.

Secondo Shiller, questo approccio produce particolari vantaggi per coloro che non sono in grado di procurarsi una consulenza legale competente ed obiettiva.

La partecipazione di una figura professionale di questo tipo, qualificata ed indipendente, rende più sicuro l'intero sistema dei prestiti ipotecari e riduce il rischio che finanziatori senza scrupoli si avvalgano di legali proni a i loro interessi, per i quali sarebbe facile nascondere i rischi assunti da clienti ingenui.

Perciò il Professor Shiller, da Yale, ne suggerisce l'adozione negli Stati Uniti


Shiller sarà a Milano il 20 ottobre, per la presentazione dell'edizione italiana del suo libro.

mercoledì 1 ottobre 2008

Il ritorno delle regole

di Arturo Dalla Tana


Le regole, le regole. E i controlli. Con una clamorosa inversione a U i nostri politici, dell’una e dell’altra parte, hanno rivoltato il tema dei loro discorsi. Totalmente. Prima li sentivi parlare di deregulation (piaceva molto, deregulation), di liberalizzazioni, di semplificazioni, di autocertificazioni, del mondo anglosassone dove tutto è più semplice. Poi negli Stati Uniti le crepe del sistema si sono fatte troppo larghe e qui da noi si è tornati con i piedi più saldi a terra.
Non è passato un secolo, ma poco più di un anno, da quando un Ministro della Repubblica raccontava che la cura dell’economia passava dalla liberalizzazione delle schede telefoniche e dei panifici (che è come se la cura della polmonite si facesse con l’aspirina). O da quando sul principale quotidiano italiano si citavano come esempio di libertà economica i tassisti abusivi newyorchesi, sempre reperibili anche se per nulla sicuri. L’idea che il mercato, il mercato e non altro fosse la soluzione, che la concorrenza senza regole generasse benefici, che la competenza, la professionalità e appunto le regole fossero ferrivecchi di un mondo superato è saltata con il banco dell’economia statunitense. La vecchia Europa con le sue regole, scalfite ma fortunatamente non distrutte, ha tenuto. L’Italia è sopravvissuta alla bersanizzazione, alle piccole idee inutili e spesso dannose raccontate come la nuova frontiera del consumatore, mantiene salda, malgrado gli attacchi e qualche anche recente pasticcio, l’affidabilità dei suoi Pubblici Registri che forse, ora, la politica ha compreso costituire la tutela di ognuno.
In certi stati del Sudamerica, ove così non è, la casa, perché il diritto di proprietà sia mantenuto, deve essere presidiata a turno da un familiare, o da un amico. Da brivido? Altro modo non esiste per tutelare la proprietà, in mancanza di regole certe, di documenti affidabili, di Istituzioni e di Istituti in grado di difenderla.