di Giandomenico Putortì
ll blog si è occupato più volte della vicenda della cessione di quote, analizzando le ricadute sul sistema della norma di recente emanazione.
Ora iniziano a diffondersi "istruzioni" da parte degli Uffici del Registro delle Imprese, e pare che alcuni di essi siano propensi a sposare l'interpretazione di parte notarile, rifiutando di iscrivere gli atti di cessione in assenza di firma digitale autenticata. Il Cndcec ha emanato una circolare, che abbiamo già iniziato a commentare su questo blog.
A fronte di ciò qual è stata la risposta della prassi?
Si ha la sensazione, frutto di riscontri quotidiani, che abbiano identiche probabilità di realizzarsi due situazioni: formazione di prassi operative uffici-commercialisti (quanto rispettose delle norme non è dato - per ora - sapere) ovvero sostanziale fallimento della novità per disinteresse da parte dei commercialisti.
Sembra infatti che i notai stiano continuando a ricevere il solito numero di cessioni; la sensibile differenza rispetto al passato essendo, da qualche tempo a questa parte, unicamente il regime fiscale dell'atto, ben più oneroso per le parti e socialmente penalizzante per il Notaio.
Forse anche quest'ultimo fattore può aver inciso sull'evidente inerzia mostrata dai commercialisti.
Ma occorre chiedersi se i motivi che possono giustificare tale disinteresse siano anche altri.
A prescindere dal recente mutamento delle modalità di tassazione di tali atti, il regime delle anticipazioni delle spese - che il Notaio impara a gestire con cautela sin dall'inizio della professione - avrebbe costituito una remora per un professionista abituato invece a riscuotere le parcelle in via trimestrale o semestrale, comunque periodiocamente.
Altro aspetto che potrebbe alimentare un'immaginaria "fuga dalle cessioni di quote" da parte degli intermediari-commercialisti, è quel - sia pur minimo - profilo di responsabilità comunque legato alla nuova competenza.
Forse adesso si inizia a comprendere il perchè dello stupore e delle reazioni stizzite del Presidente dei Commercialisti Dott. Siciliotti e dei vertici del Cndcec di fronte alle pacifiche - nel senso di incontestabili - affermazioni del Notariato, quando denunziava la minor sicurezza nei traffici, quando lamentava l'assenza di un "responsabile" pubblico al quale imputare la paternità dell'atto o quando infine descriveva i nuovi intermediari come semplici "postini".
La responsabilità alla quale i commercialisti guardano con timore, che forse non si aspettavano ed alla quale non sono abituati, è quella, derivante dal dover compiere un'adempimento pubblicitario a proprio nome, di essere individuati come soggetto "istituzionale" che invia la formalità per l'iscrizione in un registro pubblico.
Si deve considerare che già prima della nuova norma i commercialisti avevano la facoltà di inviare alcune pratiche telematiche societarie al Registro delle Imprese (bilanci, nomine, ecc.) a proprio nome, utilizzando cioè la propria smart card, assumendo la paternità formale dell'adempimento e fornendo la valuta all'ufficio dal proprio castelletto bancario.
Tuttavia, in precedenza, la facoltà di invio telematico del professionista era semplicemente alternativa a quella degli amministratori. Ciò che poteva inviare direttamente l'amministratore, poteva in alternativa inviarlo il commercialista.
Ebbene, pare che sia prassi diffusa, da parte dei commercialisti, non inviare tali pratiche con il proprio dispositivo di firma. Molto più comodo, ovviamente, farsi consegnare smart card e pin dall'amministratore, inviare la pratica a suo nome e addebitarne le spese sul conto corrente della società.
Per le cessioni di quote questo giochetto non è più consentito. Vedremo.
Perchè si continua a comparare l'attività di un professionista con quella di un altro professionista come se si parlasse di un commerciante che fa concorrenza ad un altro commerciante? Dove sono finite le auliche discussioni intorno alla certezza del diritto e ad altre amenità che i cari colleghi amano dispensare come il sale sulla portata? Da questo articolo viene fuori ancora una volta, tristemente, come la preoccupazione unica della stragrande maggioranza dei notai sia soltanto quella di difendere l'esclusività della prestazione per assicurarsi il cliente, secondo logiche da centro commerciale che non dovrebbero appartenere a questa categoria. E allora ben vengano tutte le liberalizzazioni, vere o presunte tali, perchè se questo è il punto di vista del notariato tanto vale rivolgersi altrove per 'comprare' i 'servizi giuridici'. Un praticante notaio.
RispondiEliminaPrassi machiavelliche, confusione di compiti e ruoli, non capire cosa chiedere a chi e come.
RispondiEliminaDa quest'anno tutto scemerà per lasciare spazio a chiarezza, precisione, nonchè ruoli e riferimenti precisi. In seno a quest'obiettivo i grandi numeri del mondo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, 107mila iscritti, 142 Ordini territoriale e oltre 30mila praticanti, sono confluiti in un contenitore solo.