sabato 27 settembre 2008

Semplificazione vs responsabilità

di Giandomenico Putortì


ll blog si è occupato più volte della vicenda della cessione di quote, analizzando le ricadute sul sistema della norma di recente emanazione.
Ora iniziano a diffondersi "istruzioni" da parte degli Uffici del Registro delle Imprese, e pare che alcuni di essi siano propensi a sposare l'interpretazione di parte notarile, rifiutando di iscrivere gli atti di cessione in assenza di firma digitale autenticata. Il Cndcec ha emanato una circolare, che abbiamo già iniziato a commentare su questo blog.
A fronte di ciò qual è stata la risposta della prassi?
Si ha la sensazione, frutto di riscontri quotidiani, che abbiano identiche probabilità di realizzarsi due situazioni: formazione di prassi operative uffici-commercialisti (quanto rispettose delle norme non è dato - per ora - sapere) ovvero sostanziale fallimento della novità per disinteresse da parte dei commercialisti.
Sembra infatti che i notai stiano continuando a ricevere il solito numero di cessioni; la sensibile differenza rispetto al passato essendo, da qualche tempo a questa parte, unicamente il regime fiscale dell'atto, ben più oneroso per le parti e socialmente penalizzante per il Notaio.
Forse anche quest'ultimo fattore può aver inciso sull'evidente inerzia mostrata dai commercialisti.
Ma occorre chiedersi se i motivi che possono giustificare tale disinteresse siano anche altri.
A prescindere dal recente mutamento delle modalità di tassazione di tali atti, il regime delle anticipazioni delle spese - che il Notaio impara a gestire con cautela sin dall'inizio della professione - avrebbe costituito una remora per un professionista abituato invece a riscuotere le parcelle in via trimestrale o semestrale, comunque periodiocamente.
Altro aspetto che potrebbe alimentare un'immaginaria "fuga dalle cessioni di quote" da parte degli intermediari-commercialisti, è quel - sia pur minimo - profilo di responsabilità comunque legato alla nuova competenza.
Forse adesso si inizia a comprendere il perchè dello stupore e delle reazioni stizzite del Presidente dei Commercialisti Dott. Siciliotti e dei vertici del Cndcec di fronte alle pacifiche - nel senso di incontestabili - affermazioni del Notariato, quando denunziava la minor sicurezza nei traffici, quando lamentava l'assenza di un "responsabile" pubblico al quale imputare la paternità dell'atto o quando infine descriveva i nuovi intermediari come semplici "postini".
La responsabilità alla quale i commercialisti guardano con timore, che forse non si aspettavano ed alla quale non sono abituati, è quella, derivante dal dover compiere un'adempimento pubblicitario a proprio nome, di essere individuati come soggetto "istituzionale" che invia la formalità per l'iscrizione in un registro pubblico.
Si deve considerare che già prima della nuova norma i commercialisti avevano la facoltà di inviare alcune pratiche telematiche societarie al Registro delle Imprese (bilanci, nomine, ecc.) a proprio nome, utilizzando cioè la propria smart card, assumendo la paternità formale dell'adempimento e fornendo la valuta all'ufficio dal proprio castelletto bancario.
Tuttavia, in precedenza, la facoltà di invio telematico del professionista era semplicemente alternativa a quella degli amministratori. Ciò che poteva inviare direttamente l'amministratore, poteva in alternativa inviarlo il commercialista.
Ebbene, pare che sia prassi diffusa, da parte dei commercialisti, non inviare tali pratiche con il proprio dispositivo di firma. Molto più comodo, ovviamente, farsi consegnare smart card e pin dall'amministratore, inviare la pratica a suo nome e addebitarne le spese sul conto corrente della società.
Per le cessioni di quote questo giochetto non è più consentito. Vedremo.

lunedì 22 settembre 2008

Cessioni di quote: l'apoteosi della semplificazione

a cura della Redazione

E’ stata oggi pubblicata la circolare 5/R del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili sulle cessioni di quote.
La sua lettura è interessante , perché dimostra come per la prima volta, in Italia, con l’introduzione dell’art. 36, comma 1-bis, del d.l. 112/08, sia stata introdotta una vera semplificazione.
Il § 4, lett. c), intitolato “Procedura di registrazione”, è a tal fine illuminante (la procedura è, comunque, "provvisoria", per cui è possibile che in futuro vengano introdotti, tramite appositi atti normativi e non semplici "istruzioni" - strumenti informatici che consentano - in tutta sicurezza, c'è da credere - l'esecuzione telematica di tali adempimenti).
Per maggiore chiarezza si allega una tabella comparativa rispetto alla situazione esistente prima della nuova norma. Senza entrare, per ora, nel merito di alcuni delicati profili giuridici che pure ci sono.


NOTAIO
Le parti sottoscrivono l’atto predisposto dal notaio su un foglio di carta, pagano spese, diritti e onorari, e salutano. Tutto il resto degli adempimenti viene svolto in forma telematica e in pochi minuti.

COMMERCIALISTA
Il commercialista (o le stesse parti) redigono l’atto sul computer, quindi:
1) si firma il file digitalmente;
2) si salva questo file su un dischetto;
3) si stampano su carta due “copie” (autentiche?);
4) si predispone il modello 69;
5) si predispone il modello F23 e si va in banca;
6) si pagano le imposte e si riporta il tutto (F23, Mod. 69, floppy e copie su carta) all’Agenzia delle entrate;
7) l’Agenzia delle entrate registra l’atto e rilascia una delle copie con gli estremi di registrazione;
8) si ritorna dal commercialista il quale prende questa copia, la scansiona e la invia al Registro delle Imprese insieme al file firmato digitalmente.

Tale attività può essere svolta (come probabilmente avverrà nella prassi e non certo a titolo gratuito) anche dal commercialista su incarico delle parti, nel qual caso esse dovranno rilasciargli una procura, le cui firme saranno da lui autenticate, che rimarrà archiviata presso l’Agenzia delle entrate.

Come già accaduto per la c.d. semplificazione della cancellazione delle ipoteche a garanzia di mutui, anche questa volta si assiste ad una moltiplicazione delle procedure (tra l'altro all'Agenzia delle entrate bisogna recarsi due volte, la prima per registratre e la seconda per ritirare la copia registrata) e ... della carta.

Ma il Ministro Brunetta non aveva promesso che avrebbe eliminato del tutto la carta dalla pubblica amministrazione?


(fine prima puntata)

giovedì 4 settembre 2008

I notai e le riforme in arrivo

di Sabino Patruno
La scorsa settimana si è tenuto al Ministero della Giustizia un incontro tra il Ministro Alfano ed i rappresentanti delle professioni legali e contabili, vale a dire notai, avvocati e commercialisti.
L'incontro era stato sollecitato dallo stesso Ministro, per capire cosa i professionisti possono fare per aiutare la giustizia, da tempo malata, ma è stato, evidentemente, anche una prima occasione di confronto dopo un'estate passata a dir male l'uno dell'altro.
E' sicuramente un fatto positivo che ci si inizi a confrontare in campo neutro, cercando di ragionare sul futuro delle rispettive professioni, non limitandosi solo a richiedere nuove esclusive o a innalzare steccati.
D'altra parte, da anni e con sempre maggiore accelerazione, il mondo delle libere professioni sta subendo mutamenti tali che, di fatto, stanno stravolgendo tutti i punti di riferimento che in passato ne avevano caratterizzato il riconoscimento sociale ed economico.
Parliamo dei notai: la legge del 1913 ha il grande merito di aver forgiato e protetto una figura professionale di alto livello, ma è innegabile che quella legge poggia le propria fondamenta su di un terreno sociale, economico e giuridico che non esiste più.
Il notaio che quel legislatore aveva in mente doveva essere il "nume tutelare" dei pubblici registri, garantendo stabilità e certezza giuridica ad un mondo essenzialmente rurale e con scarsa mobilità sociale.
In quel mondo, il notaio poteva essere contemporaneamente il referente per le classi dominanti - facendo parte di una ristretta elite intellettuale assieme agli altri - pochi - professionisti liberali e, contemporaneamente, poteva essere il garante per la massa tendenzialmente analfabeta della popolazione, quando questa doveva stipulare, eccezionalmente, un contratto rilevante per la propria vita e che quindi si affidava totalmente al notaio, visto come rappresentante dello Stato e garante imparziale.
Se qualcuno ha avuto la curiosità di leggere dei vecchi repertori notarili, noterà che ancora sino agli anni '50 le società erano un evento eccezionale, i mutui molto rari e uno degli atti più frequenti era la costituzione di vincolo dotale. In quel mondo, anche l'acquisto di un'auto era un'attività negoziale da garantire, dato che impegnava un'aliquota sostanziale del reddito familiare.
E' evidente che oggi questo mondo non esiste più.
1) In primo luogo è cambiato il rapporto del notaio con gli altri professionisti. Se ancora 20 anni fa il notaio, il commercialista, l'avvocato, avevano ciascuno ben chiari i propri ruoli, le proprie competenze e, anche, il proprio prestigio professionale, frutto di un comune retroterra culturale e sociale, è ora innegabile che molti confini sono saltati.
Il vero fenomeno nuovo con il quale ci dobbiamo confrontare, è, oggi, il "professionista-massa". I numeri sono lì a dimostrarlo: 100.000 avvocati e 150.000 commercialisti/ragionieri. Inoltre, per molti di questi avvocati e commercialisti, il presente o, comunque il prossimo futuro, non è quello della tradizionale libera professione, ma quello di essere "professionisti-impiegati", dipendenti cioè - certo ben pagati (e neanche sempre) ma pur sempre dipendenti - di impersonali "law firms" o società di consulenza o revisione.
2) E' cambiato il rapporto del notaio con i clienti privati. Sempre più il cliente viene mediato da altri attori della partita contrattuale: agenzie immobiliari, mediatori finanziari, altri professionisti, ai quali il notaio pare solo l'ultimo anello di una catena, che al più si limita a certificare delle volontà. Sempre più i clienti sono poi consapevoli dei propri diritti.
Non solo, per fortuna, non vi sono più analfabeti, ma vi sono anche sempre meno "analfabeti giuridici".
Le persone, cioè, si informano, hanno a disposizione infiniti mezzi di conoscenza (internet in primis) e sono sempre meno disposte ad accettare supinamente ciò che il professionista dice.
3) E' cambiato il rapporto del notaio con le imprese. Ancora sino agli anni '70, in fondo, l'economia italiana è stata protetta e chiusa alla vera concorrenza.
La globalizzazione ha cambiato tutto. Ogni giorno le imprese devono confrontarsi con il mercato e se i conti dell'azienda vengono appesantiti da costi ritenuti inutili, vi è uno svantaggio competitivo con chi quei costi non li deve sopportare.
Piaccia o no ai notai, per molte imprese una parte della attività notarile è sentita come un costo non giustificato.
A questi cambiamenti, che sono epocali (e che non riguardano i soli notai, ma come - detto tutti - i professionisti) non si può certo opporre lo status quo e la difesa rigida dell'esistente, il mito del notaio puro garante della legalità e del sistema.
Il notaio è utile quando il comune sentire economico e sociale lo sente utile, quando le esigenze di protezione e di certificazione sono sentite prevalenti rispetto alle esigenze di rapidità e semplificazione dei traffici giuridici.
Il pendolo della storia sta andando verso rapidità e semplificazione, questo è un dato di fatto di cui prendere atto.
Perchè, se è vero che il notaio è garante della legalità, una difesa basata solo su questo non reggerebbe alla prova dei cambiamenti in atto, anzi, l'evidenza empirica ci dice che sono tre anni che questa difesa non regge: le vicende di autoveicoli, cancellazioni ipotecarie, ora cessioni di quote di srl, stanno lì a dimostrarlo.
Il Consiglio Nazionale del Notariato viene ora sollecitato dal ministro a ragionare, insieme alle altre professioni, sul proprio futuro.
Voglio essere ottimista e sperare che le fondate ragioni del notariato (ed il post di Onofrio Bottaro dice tutto e bene al riguardo) siano riconosciute e comprese in sede politica.
L'ottimismo della volontà, però, non deve cancellare il pessimismo della ragione: non dimentichiamoci che in politica contano i principi, ma anche e soprattutto i rapporti di forza, che alla lunga diventano prevalenti e, semplicemente, finiscono col modificare i principi.
Ora, la domanda che dobbiamo porci è cosa si possa fare, se cioè attendere rigidamente l'assalto, continuando a spiegare il valore della funzione notarile ad un auditorio sempre più sordo o dobbiamo invece occorre cominciare a pensare ad una exit strategy per limitare i danni.
Cominciare cioè a pensare a soluzioni alternative alle richieste degli altri professionisti, i quali, come noi, cercano occasioni di lavoro in un mercato che anche per loro va restringendosi.
Partiamo da una considerazione. La funzione notarile sta subendo due tipi differenti di attacco:
a) richieste di semplificazione;
b) richieste derivanti da concorrenza di categorie affini.
Nel primo caso c'è poco da fare, se il legislatore ritiene che la garanzia notarile non è più necessaria per determinati atti, non possiamo che prenderne atto e c'è poco spazio per combattere, purchè di vera semplificazione si tratti e non di spostamento di esclusiva.
Tutto sommato e con tutti i suoi (enormi) limiti, il provvedimento sulle cancellazioni di ipoteche rientra in questa categoria.
Nel secondo caso, la battaglia è possibile, anche se difficile.
Non sono dalla parte dei notai i numeri dei soggetti in campo e soprattutto non lo è lo spirito dei tempi che richiede (magari a parole, ma lo richiede) concorrenza e riduzione dei costi.
A favore dei notai giocano:
- l'oggettiva efficienza, dato che non si può negare che il notaio il proprio mestiere lo faccia bene e che i pubblici registri siano affidabili
- la comodità per lo Stato di poter fare affidamento su un numero selezionato e limitato di esattori a costo zero per le casse pubbliche.
Con ogni probabilità, però, avvocati e/o commercialisti chiederanno al ministro Alfano di estendere anche a loro il potere di autentica, sostenendo che ciò favorirà la concorrenza, l'abbassamento dei costi per le transazioni, l'occupazione, insomma il MERCATO.
E' con questo scenario che ci si deve confrontare ed è chiaro che la partita non può essere giocata sul piano della preparazione, limitandosi ad affermare che "i notai sono più bravi degli avvocati e dei commercialisti", dato che una simile strategia non porta da nessuna parte.
Insomma, alla mitica casalinga di Voghera le beghe tra avvocati, notai e commercialisti non interessano proprio ed in fondo chi compra una casa, costituisce una società, contrae un mutuo non è interessato alla distinzione tra pubblica funzione e libera professione: vuole solo un servizio efficiente ad un prezzo ragionevole.
Chiediamoci dunque in che modo questa esigenza può essere tutelata, senza stravolgere il sistema di garanzie che per quella medesima casalinga di Voghera diventano fondamentali se deve prendere un mutuo o essere sicura che la casa acquistata sia veramente sua e non di qualcun altro.

martedì 2 settembre 2008

Una "lettera aperta"

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una "lettera aperta" del Notaio Onofrio Bottaro



Lettera aperta di un notaio al Consiglio Nazionale del Notariato, ai politici e ai cittadini sulle recenti modifiche legislative in tema di cessioni di quote di s.r.l., e sulla proposta di legge relativa ad una pseudo-semplificazione dei trasferimenti immobiliari



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lunedì 1 settembre 2008

Alcuni "punti fermi" sulle cessioni di quote

di Sabino Patruno
Se questo blog deve diventare una palestra in cui notai e commercialisti si prendono a botte (virtuali) tanto vale dedicarsi ad altro.
Lasciamo quindi stare da parte i commenti sui commercialisti che aiutano ad evadere il fisco e, dall'altro lato, quelli sui notai che sono preoccupati solo del loro orticello: sono discorsi sterili che non ci portano da nessuna parte.
Proviamo invece a ragionare sulle rispettive professionalità e competenze e rispettiamoci a vicenda.
Ciò che occorre chiedersi è se il sistema, come riformato, sia in grado di funzionare o meno, tutto qui. Credo che questa sia l'unica questione che interessa realmente a chi non è nè notaio, nè commercialista.
Ora, al di là di ogni considerazione di parte, mi sembra che, anche dalle opinioni espresse su questo blog, possano essere definiti alcuni punti fermi:
a - la norma è tutto tranne che perfetta, dato che lascia numerosi punti oscuri ben evidenziati nel post di Ignazio Padolecchia;
b - la norma è perfettibile, ma è necessario l'intervento del legislatore;
c - la norma ha un effetto di semplificazione molto modesto, dato che si limita a sostituire ad un intermediaro (il notaio) un altro intermediario (il ragioniere/commercialista);
d - la norma non accresce la certezza delle transazioni, dato che, al di là degli obblighi deontologici, non ci sono doveri imposti dalla legge in ordine ai nuovi intermediari per quanto riguarda accertamenti delle identità conservazione documentale, responsabilità fiscale ecc.;
e - la norma ha un buon impatto psicologico sui cittadini, i quali si sentono liberati dai costi notarili e non percepiscono i costi del commercialista.