di Sabino Patruno
La scorsa settimana si è tenuto al Ministero della Giustizia un incontro tra il Ministro Alfano ed i rappresentanti delle professioni legali e contabili, vale a dire notai, avvocati e commercialisti.
L'incontro era stato sollecitato dallo stesso Ministro, per capire cosa i professionisti possono fare per aiutare la giustizia, da tempo malata, ma è stato, evidentemente, anche una prima occasione di confronto dopo un'estate passata a dir male l'uno dell'altro.
E' sicuramente un fatto positivo che ci si inizi a confrontare in campo neutro, cercando di ragionare sul futuro delle rispettive professioni, non limitandosi solo a richiedere nuove esclusive o a innalzare steccati.
D'altra parte, da anni e con sempre maggiore accelerazione, il mondo delle libere professioni sta subendo mutamenti tali che, di fatto, stanno stravolgendo tutti i punti di riferimento che in passato ne avevano caratterizzato il riconoscimento sociale ed economico.
Parliamo dei notai: la legge del 1913 ha il grande merito di aver forgiato e protetto una figura professionale di alto livello, ma è innegabile che quella legge poggia le propria fondamenta su di un terreno sociale, economico e giuridico che non esiste più.
Il notaio che quel legislatore aveva in mente doveva essere il "nume tutelare" dei pubblici registri, garantendo stabilità e certezza giuridica ad un mondo essenzialmente rurale e con scarsa mobilità sociale.
In quel mondo, il notaio poteva essere contemporaneamente il referente per le classi dominanti - facendo parte di una ristretta elite intellettuale assieme agli altri - pochi - professionisti liberali e, contemporaneamente, poteva essere il garante per la massa tendenzialmente analfabeta della popolazione, quando questa doveva stipulare, eccezionalmente, un contratto rilevante per la propria vita e che quindi si affidava totalmente al notaio, visto come rappresentante dello Stato e garante imparziale.
Se qualcuno ha avuto la curiosità di leggere dei vecchi repertori notarili, noterà che ancora sino agli anni '50 le società erano un evento eccezionale, i mutui molto rari e uno degli atti più frequenti era la costituzione di vincolo dotale. In quel mondo, anche l'acquisto di un'auto era un'attività negoziale da garantire, dato che impegnava un'aliquota sostanziale del reddito familiare.
E' evidente che oggi questo mondo non esiste più.
1) In primo luogo è cambiato il rapporto del notaio con gli altri professionisti. Se ancora 20 anni fa il notaio, il commercialista, l'avvocato, avevano ciascuno ben chiari i propri ruoli, le proprie competenze e, anche, il proprio prestigio professionale, frutto di un comune retroterra culturale e sociale, è ora innegabile che molti confini sono saltati.
Il vero fenomeno nuovo con il quale ci dobbiamo confrontare, è, oggi, il "professionista-massa". I numeri sono lì a dimostrarlo: 100.000 avvocati e 150.000 commercialisti/ragionieri. Inoltre, per molti di questi avvocati e commercialisti, il presente o, comunque il prossimo futuro, non è quello della tradizionale libera professione, ma quello di essere "professionisti-impiegati", dipendenti cioè - certo ben pagati (e neanche sempre) ma pur sempre dipendenti - di impersonali "law firms" o società di consulenza o revisione.
2) E' cambiato il rapporto del notaio con i clienti privati. Sempre più il cliente viene mediato da altri attori della partita contrattuale: agenzie immobiliari, mediatori finanziari, altri professionisti, ai quali il notaio pare solo l'ultimo anello di una catena, che al più si limita a certificare delle volontà. Sempre più i clienti sono poi consapevoli dei propri diritti.
Non solo, per fortuna, non vi sono più analfabeti, ma vi sono anche sempre meno "analfabeti giuridici".
Le persone, cioè, si informano, hanno a disposizione infiniti mezzi di conoscenza (internet in primis) e sono sempre meno disposte ad accettare supinamente ciò che il professionista dice.
3) E' cambiato il rapporto del notaio con le imprese. Ancora sino agli anni '70, in fondo, l'economia italiana è stata protetta e chiusa alla vera concorrenza.
La globalizzazione ha cambiato tutto. Ogni giorno le imprese devono confrontarsi con il mercato e se i conti dell'azienda vengono appesantiti da costi ritenuti inutili, vi è uno svantaggio competitivo con chi quei costi non li deve sopportare.
Piaccia o no ai notai, per molte imprese una parte della attività notarile è sentita come un costo non giustificato.
A questi cambiamenti, che sono epocali (e che non riguardano i soli notai, ma come - detto tutti - i professionisti) non si può certo opporre lo status quo e la difesa rigida dell'esistente, il mito del notaio puro garante della legalità e del sistema.
Il notaio è utile quando il comune sentire economico e sociale lo sente utile, quando le esigenze di protezione e di certificazione sono sentite prevalenti rispetto alle esigenze di rapidità e semplificazione dei traffici giuridici.
Il pendolo della storia sta andando verso rapidità e semplificazione, questo è un dato di fatto di cui prendere atto.
Perchè, se è vero che il notaio è garante della legalità, una difesa basata solo su questo non reggerebbe alla prova dei cambiamenti in atto, anzi, l'evidenza empirica ci dice che sono tre anni che questa difesa non regge: le vicende di autoveicoli, cancellazioni ipotecarie, ora cessioni di quote di srl, stanno lì a dimostrarlo.
Il Consiglio Nazionale del Notariato viene ora sollecitato dal ministro a ragionare, insieme alle altre professioni, sul proprio futuro.
Voglio essere ottimista e sperare che le fondate ragioni del notariato (ed il post di Onofrio Bottaro dice tutto e bene al riguardo) siano riconosciute e comprese in sede politica.
L'ottimismo della volontà, però, non deve cancellare il pessimismo della ragione: non dimentichiamoci che in politica contano i principi, ma anche e soprattutto i rapporti di forza, che alla lunga diventano prevalenti e, semplicemente, finiscono col modificare i principi.
Ora, la domanda che dobbiamo porci è cosa si possa fare, se cioè attendere rigidamente l'assalto, continuando a spiegare il valore della funzione notarile ad un auditorio sempre più sordo o dobbiamo invece occorre cominciare a pensare ad una exit strategy per limitare i danni.
Cominciare cioè a pensare a soluzioni alternative alle richieste degli altri professionisti, i quali, come noi, cercano occasioni di lavoro in un mercato che anche per loro va restringendosi.
Partiamo da una considerazione. La funzione notarile sta subendo due tipi differenti di attacco:
a) richieste di semplificazione;
b) richieste derivanti da concorrenza di categorie affini.
Nel primo caso c'è poco da fare, se il legislatore ritiene che la garanzia notarile non è più necessaria per determinati atti, non possiamo che prenderne atto e c'è poco spazio per combattere, purchè di vera semplificazione si tratti e non di spostamento di esclusiva.
Tutto sommato e con tutti i suoi (enormi) limiti, il provvedimento sulle cancellazioni di ipoteche rientra in questa categoria.
Nel secondo caso, la battaglia è possibile, anche se difficile.
Non sono dalla parte dei notai i numeri dei soggetti in campo e soprattutto non lo è lo spirito dei tempi che richiede (magari a parole, ma lo richiede) concorrenza e riduzione dei costi.
A favore dei notai giocano:
- l'oggettiva efficienza, dato che non si può negare che il notaio il proprio mestiere lo faccia bene e che i pubblici registri siano affidabili
- la comodità per lo Stato di poter fare affidamento su un numero selezionato e limitato di esattori a costo zero per le casse pubbliche.
Con ogni probabilità, però, avvocati e/o commercialisti chiederanno al ministro Alfano di estendere anche a loro il potere di autentica, sostenendo che ciò favorirà la concorrenza, l'abbassamento dei costi per le transazioni, l'occupazione, insomma il MERCATO.
E' con questo scenario che ci si deve confrontare ed è chiaro che la partita non può essere giocata sul piano della preparazione, limitandosi ad affermare che "i notai sono più bravi degli avvocati e dei commercialisti", dato che una simile strategia non porta da nessuna parte.
Insomma, alla mitica casalinga di Voghera le beghe tra avvocati, notai e commercialisti non interessano proprio ed in fondo chi compra una casa, costituisce una società, contrae un mutuo non è interessato alla distinzione tra pubblica funzione e libera professione: vuole solo un servizio efficiente ad un prezzo ragionevole.
Chiediamoci dunque in che modo questa esigenza può essere tutelata, senza stravolgere il sistema di garanzie che per quella medesima casalinga di Voghera diventano fondamentali se deve prendere un mutuo o essere sicura che la casa acquistata sia veramente sua e non di qualcun altro.