Il Sole 24 Ore (organo ufficiale della Confindustria), in modo neanche troppo occulto, sembra finalmente operare una scelta di campo nella vicenda «cessioni di quote di s.r.l.», che ha avuto il suo sbocco legislativo nell'art. 36, comma 1-bis, del d.l. 112/08.
Il nostro principale quotidiano economico e finanziario - molto poco opportunamente rispetto all'imparzialità ed all'equidistanza che dovrebbe assicurare - consente al Dott. Claudio Siciliotti, Presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti (e degli Esperti Contabili) di intervenire pubblicamente sulla questione, giusto il giorno di Ferragosto.
Con il risultato (e probabilmente lo scopo) di negare alla parte contro-interessata la possibilità di una replica efficace, tale solo se immediata.
Questione, si dirà, di stile, correttezza e buon gusto.
Infatti.
Nulla di epocale, diremmo, se non fosse che il Dott. Siciliotti da qualche tempo ha cominciato a dar lezioni di bon ton al Presidente Paolo Piccoli, al Consiglio Nazionale del Notariato (CNN) ed ora al Notariato intero.
Trattasi, nella fattispecie «quote di srl», solo dell''ultima, grossolana azione scorretta (eufemismo) perpetrata pubblicamente ai danni dell'istituzione notarile, cioè del corpo giuridico più affidabile e scientificamente dotato del paese, composto oggi da 5.000 pubblici ufficiali selezionati da un concorso proibitivo, di indiscusso e consolidato prestigio internazionale.
Il tutto nell'indifferenza, se non con la complicità delle stesse istituzioni dello Stato, oltre che con il beneplacito della grande stampa, di settore e non.
L'abisso morale nel quale questo bellissimo ma disgraziato paese ciclicamente e cronicamente precipita, sembra essere una sua condanna irreversibile, specie ai livelli socio-culturali più alti se si considerano le alterne vicende della classe politica che riesce ad esprimere.
Grottesco, se non fosse poco dignitoso e preoccupante in termini etici, l'iter che ha portato alla novità legislativa in materia di cessioni di quote di s.r.l.
Che all'interno del mondo delle professioni liberali o «ordinistiche» (secondo una definizione che sembra piaccia molto ai commercialisti) le ragioni di cassa e bottega contino molto di più dei progetti di grande e comune respiro, il Notariato ha avuto modo di apprenderlo da un bel pò di tempo.
Le miserevoli richieste di nuove competenze provenienti da categorie professionali, le cui specifiche attribuzioni sono invece delineate e consolidate con legge ordinaria, sono diventate un triste rituale cui avvocati e commercialisti ci hanno abituato, in corrispondenza di un cambio di maggioranza come del varo di importanti leggi in materia economico-finanziaria.
La questione è tuttavia divenuta grave ed intollerabile oltremisura, nel momento in cui l'unico obiettivo dei due ordini professionali sembra essere divenuto quello di ottenere «poteri di autentica» notarili, quali che essi siano, nelle materie più inaudite, addirittura anche incompatibili con la rispettiva natura, con il rispettivo percorso di studi e di formazione post universitaria.
Accade pertanto che davanti agli innumerevoli attacchi portati da più parti al mondo della prestazione d'opera intellettuale di tipo professionale, che arrivano anche alla proposta di abolizione degli ordini e della «protezione» assicurata loro dalla Costituzione, mentre ad un livello «virtuoso» si progettano azioni comuni, si creano organismi di tutela e si dà vita al Comitato Unitario delle Professioni (CUP), ad altri livelli (molto più bassi evidentemente) si ordiscono attacchi al Notariato nel momento di sua maggiore difficoltà.
Ciò, nonostante lo stesso Notariato - che per diversi motivi e per la sua stessa natura giuridica avrebbe potuto ritenersi fuori dalla questione scegliendo a ragion veduta di fare a corsa a sè quale interlocutore unico e privilegiato - avesse a suo tempo acconsentito al suo ingresso nel CUP e scelto così di dare il proprio contributo e la propria adesione alla sfida che attende gli ordini professionali in Italia.
Grottesca appare poi la principale ragione giustificatrice dell'opportunità di tali nuove competenze, vista nella necessità dichiarata di garantire maggior profitto agli iscritti e aumentare le voci di entrata per i giovani colleghi, visto il loro enorme numero. Finalità, queste, dichiarate senza vergogna da entrambi i vertici di categoria.
Come se l'attribuzione della delega statale per l'esercizio di una pubblica funzione - che per il Notariato ha avuto bisogno di un'intera legge ordinaria che disciplina il ministero notarile nella maniera rigida e minuziosa che conosciamo - possa attribuirsi per decreto d'urgenza, per singoli settori, in via disarticolata e disomogenea, senza una minima garanzia di selezione nazionale dei delegati e, soprattutto, per mere ragioni di cassa o per dare ai giovani un sussidio.
Neanche a Banana Republic si era mai sentita questa roba.
In Italia è invece diventato un tormentone: «vogliamo autenticare questo, vogliamo certificare quello».
Fortunatamente, sino ad oggi, il legislatore non ha ritenuto tali istanze degne di essere accolte; la conclusione della vicenda relativa alle autentiche dei trasferimenti di autoveicoli è stata un risultato di cui avvocati e commercialisti possono certo andar fieri: autentica-burla affidata ai titolari di agenzia, aumento dei costi, fine della certezza e dell'attendibilità del PRA, ingente danno patrimoniale al sistema previdenziale dei notai e qualche migliaio di licenziamenti negli studi notarili, che avevano in ogni caso fino a quel momento garantito la presenza di un soggetto responsabile per eventuali falsità o fatti illeciti documentali.
Ma, onestamente, quello cui si è dovuto assistere durante l'iter di approvazione del d.l. 112/08 e, successivamente, con la sua degna conclusione, arriva ad assumere i contorni dello sciacallaggio, della viltà e infine del sincero disgusto.
Il Consiglio dell'ordine presieduto dal Dott. Siciliotti, dopo aver più volte sia a mezzo stampa che a livello ufficiale ha chiesto, anzi invocato l'attribuzione di non meglio precisati «poteri di autentica» su cessioni di quote di s.r.l. e aziende commerciali, nel cuore della campagna elettorale, convoca i rappresentanti dei due schieramenti in lizza e si fa testualmente «promettere» da entrambi il riconoscimento delle nuove competenze in un prossimo provvedimento legislativo.
Questo un estratto dal testo del comunicato stampa diramato dal signor Mauro Parracino, "Responsabile ufficio stampa Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili".
"Elezioni. Siciliotti (Dottori Commercialisti) “Dalla politica un sì bipartisan alle nostre proposte su fisco, professioni e diritto societario. Nella prossima legislatura verificheremo il mantenimento delle promesse fatte".
La conclusione del Comunicato stampa risulta poi essere del seguente letterale tenore:
“Dopo questi importanti momenti di confronto – conclude Siciliotti –, non ci resta che attendere le elezioni e l’avvio della nuova legislatura. Dopodiché non mancheremo di ricordare le promesse così chiaramente fatte dalla politica rispetto alle istanze contenute nel nostro manifesto, monitorando attentamente la loro concreta attuazione”.
Alle pacate e razionali - come di consueto - osservazioni del CNN in merito alle esigenze di certezza e fede pubblica che legano i registri pubblici al principio di autenticità assoluta (non in quanto fine a se stesso ma in quanto calato nel sistema delle prove processuali con effetto decisorio del giudizio e salva la querela penale) il Presidente Siciliotti replicava svilendo la funzione pubblica connaturata alla figura del notaio, posta a base dell'intero codice civile (al quale il diritto commerciale appartiene nonostante Siciliotti non lo dica), nonchè svilendo e poi usurpando quella funzione di adeguamento che la legge notarile attribuisce al medesimo pubblico ufficiale notaio.
La «promessa elettorale» (secondo la definizione data dal CNDEC) viene poi mantenuta con l'introduzione, in extremis, del comma 1-bis dell'art. 36.
Anche qui di autentica non se ne parla neppure, ma nell'ottica di Siciliotti è un doppio successo:
1) abolizione dell'obbligo di autentica notarile;
2) competenza alla trasmissione dell'atto per i commercialisti ma senza alcuna responsabilità; libertà di spedire la pratica al registro imprese, quando e come vogliono, se vogliono.
Senza impegno, come si dice.
Al risultato di Siciliotti, come lo stesso Sole 24 Ore ha dovuto ammettere (v. il corsivo "Un registro per due", citato nel post "Cessioni di quote a Ferragosto"), non corrisponde - per tabulas - altrettanto beneficio per l'interesse pubblico, per la certezza dei registri pubblici, per la certezza del diritto.
Forse questo è un dettaglio, per Siciliotti.
Sul risparmio di costi ci si limita a rimandare all'impietosa quanto corretta tabella pubblicata a cura del CNN, contenente il raffronto tra gli onorari ufficiali di notai, avvocati e commercialisti per gli atti in questione.
Dopo la pubblicazione di tale risultato comparativo, il Dott. Siciliotti parlava, probabilmente non in modo serio, di «iniziativa di gusto discutibile».
Indiscutibile deve invece, sicuramente e seriamente, ritenersi il cattivo gusto di una campagna diretta ad aggredire la competenza di un'altra categoria di professionisti, facendosi forza del numero e del bacino di voti in grado di garantire, motivandola anche con l'esigenza di un risparmio di costi per il cittadino che, carte alla mano, è clamorosamente falsa.
La norma, quindi, è venuta infine alla luce.
Il risultato è pari alla dignità ed alla nobiltà della sua genesi, sia da un punto di vista generale, della ratio per intenderci, sia da quello letterale e contenutistico.
Dal primo punto di vista, ammesso e non concesso che una volontà del legislatore ci sia e che sia quella veicolata quale nuncius dal Presidente Siciliotti, secondo il quale la norma avrebbe concesso agli «intermediari» (neanche il coraggio di farsi chiamare con il proprio nome hanno avuto) la facoltà di inviare al registro delle imprese un documento non autentico ma semplicemente sottoscritto con smart card e pin delle parti; ammesso e non concesso tutto ciò, sembra più atto dovuto che consentito per l'operatore giuridico istituzionale - proprio per la funzione pubblica che svolge - evidenziarne i profili di illegittimità quale fonte di diverso e deteriore trattamento per il cittadino, dinanzi a situazioni identiche.
Illegittimità evidenti oltremisura, ove si ponga mente all'effetto di opponibilità assoluta che dal deposito del contratto di cessione di quote di s.r.l. deriva in base alla formulazione dell'art. 2470 c.c. post riforma societaria.
Illegittimità, ancora, derivante dalla diversa valenza del deposito dell'intermediario rispetto a quello dell'atto autentico o pubblico, in ordine non solo - come si è visto - alla certezza dell'identità delle parti (la legge non parla di autenticazione), ma anche in ordine alle circostanze di tempo e luogo in cui il trasferimento delle quote si è perfezionato.
Nel caso di sottoscrizione digitale in tempi diversi la situazione sarebbe del tutto incontrollabile.
L'amministratore potrebbe trovarsi di fronte una richiesta di iscrizione al libro soci un attimo prima di una importante assemblea; il Notaio dovrebbe verbalizzare modifiche statutarie rilevanti o determinanti sulla scorta di un sistema pubblicitario ormai compromesso.
Illegittimità infine, volendoci fermare qui, derivante dalla diversa responsabilità e dai diversi adempimenti imposti al notaio che si trova ad autenticare un trasferimento di quote di srl, rispetto all'assenza totale di qualsiasi sanzione per il commercialista che spedisce la cessione al registro delle imprese.
Nessun obbligo di conservazione del titolo (che rimarrà, non si sa come, solo nell'etere), nessun obbligo di registrazione sembra, nessun termine, nessuna paternità dell'atto inviato.
Potere senza doveri. Niente autentica, ma va alla grande così, no?
Dal punto di vista letterale c'è solo da sottolineare che la norma, così com'è scritta, non lascia alcuno scampo alle aspirazioni degli «intermediari autorizzati».
L'atto di cui all'art. 2470 c.c., che il comma 1-bis dell'art. 36 prevede possa essere spedito dall'intermediario, è solo la scrittura privata autenticata, non la scrittura privata.
Il mondo giuridico attende peraltro impaziente quella «interpretazione autentica» di cui il Presidente Siciliotti ha svelato l'esistenza il giorno di Ferragosto dalle pagine del Sole 24 Ore.
Il fatto che Egli sia a conoscenza del documento con il quale il legislatore chiarisce egli stesso la portata della norma in oggetto e la ricostruisce in termini pratico - applicativi, non stupisce più di tanto, vista la capacità dimostrata nel dialogo con il governo e la larga rappresentanza in parlamento.
E tuttavia va notato che, se l'illegittimità di una legge appartiene al limbo della teoria sino a quando il vizio non viene dichiarato dal giudice, diversamente accade quando la lettera della stessa legge non consente un'applicazione diversa da quella desumibile dal suo univoco significato.
Questa è la situazione che interessa il comma 1-bis dell'art. 36 in esame, il resto è aria fritta.
Ci si rende perfettamente conto, vorremmo infine dire al Presidente Siciliotti e ad altri paladini del movimento «autentica libera», che solo evocando un'immaginaria «interpretazione autentica» - sempre che il concetto sia stato tirato in ballo con cognizione di causa e termini - si può sostenere un'applicazione «allegra» della novella decretizia.
Forse, usando l'attuale «appeal» (attenzione alle inversioni di tendenza, però) l'Ordine presieduto da Siciliotti riuscirà ad ottenere quella interpretazione correttiva che appare necessaria per arraffare le cessioni di quote di s.r.l.; ciò non toglie che il principio «autentica per notaio o nessuna autentica» rimane principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico, strettamente legato ad un sistema di ius civile.
Si continui pure allora, se lo si ritiene opportuno e dignitoso, a reclamare competenze e attribuzioni appartenenti al Notariato, ma si eviti ameno di cadere nel ridicolo vaneggiando di interpretazioni autentiche del tipo «Dio è con noi», di riduzione di costi o di competenze naturali in materia di diritto societario e, mi permetto di consigliare, si evitino manifestazioni isteriche come quella di Ferragosto davanti all'evidenza dei fatti.
Ma - questo non è un consiglio ma un'intimazione formale -, ci si guardi bene dall'accusare il CNN e il Notariato di scorrettezze, ovvero di rinfacciarne il poco gusto nelle iniziative, dopo essersi resi protagonisti di una delle più squallide e vili esibizioni che la società civile italiana abbia mai assistito.
Ci si appronti pure per le «opportune iniziative» contro il Notariato reo di aver coniato la definizione di «postini telematici» (che appare perfetta nella sua efficacia descrittiva), ma non ci si azzardi a negare allo stesso il diritto di criticare leggi fatte male ovvero di chiederne, pretenderne l'applicazione in base al significato, al testo ed alla lingua italiana.