domenica 5 aprile 2009

Quanto vale la sicurezza dell'acquisto immobiliare?

La soluzione razionale del dibattito sull’istituzione giuridica definita “notariato latino” richiede una analisi costi / benefici del notariato, che compari i benefici collettivi derivanti dalla certa osservanza delle regole poste dall’ordinamento ed i costi dell’intervento obbligatorio di un gatekeeper (VanDenBergh).

L’esistenza di riserve di legge per particolari compiti professionali dipende, tra le altre motivazioni, dalla capacità di una certa figura professionale di assumere la funzione di “gestione del rischio”, fondamentale per l’efficienza dell’economia; in questi anni, altri Paesi hanno subito ingentissimi danni dall’incapacità di intere categorie professionali a fronteggiare i compiti di tutela della fede pubblica loro affidati (Shiller).

Il trade off tra regolamentazione e regole della concorrenza può risultare equo ed utile all’intero sistema, quando sia confermata la capacità di concentrare sul notaio la responsabilità del corretto esercizio della funzione delegata dallo Stato.

E’ tempo di cominciare a misurare l’importanza economica dell’apporto di “affidamento” del notariato: un primo esempio viene dagli Stati Uniti, Paese che non conosce l’istituto notarile ma ha sviluppato una forte sensibilità all’analisi dell’efficienza economica degli strumenti giuridici.
In uno studio apparso sull’ultimo numero della rivista Real Estate Economics, due economisti americani David M. Brasington e Robert F. Sarama, Deed Types, House Prices and Mortgage Interest Rates (in
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1189953) hanno calcolato l’influenza sul costo delle abitazioni del tipo di contratto di acquisto esistente.
La loro analisi è basata su ben trentasettemila compravendite di case in cinque aree metropolitane, che sono state trattate con una contrattualistica multiforme: ben quindici diversi modi di garantire l’acquirente sulla bontà del suo acquisto.

I risultati sono estremamente interessanti: avere una completa garanzia sulle modalità di verifica del titolo di proprietà aumenta il prezzo di una casa per il 52,4%!!!

L’indagine dimostra che questa differenza di prezzo non dipende dall’assicurazione del titolo (title insurance), ma da altre circostanze che riguardano le modalità della compravendita dell’abitazione

I due ricercatori segnalano anche una importante ricaduta di questo fenomeno: poiché le persone con redditi più bassi si accontentano più frequentemente di accettare minori garanzie nell’acquisto dell’abitazione, la loro capacità di accedere al credito bancario è ridotta dal difetto del titolo di acquisto. Conseguentemente, la loro rinuncia alle garanzia provoca il pagamento di tassi di interesse più alti.

Così si verifica che le fasce di popolazione meno abbienti tendono a sottovalutare l’importanza delle garanzie nella compravendita; conseguentemente i meno abbienti sopportano più gravi rischi e scontano maggiori costi nell’accesso al credito.

Sarebbe interessante verificare quanto migliorerebbe la situzione prevedendo una garanzia notarile, che i giudici considerano di "pace della mente".

Buon lavoro,
Alberto Forte

giovedì 2 aprile 2009

L'importanza dell'affidabilità documentale/2

Si fa un gran parlare, ultimamente (il tema sarà affrontato anche nella riunione del G20 che si tiene oggi a Londra), di lotta ai c.d. paradisi fiscali, luoghi che consentirebbero di agevolare il riciclaggio, l'evasione fiscale e quant'altro. E si prospettano sanzioni nei confronti di tali paesi.
Un articolo, pubblicato sull'Economist del 26 marzo 2009, cita una ricerca, condotta dal prof. Jason Sharman della Australia Griffith University, in netta controtendenza rispetto all'opinione comune.
Quante volte, sulla stampa e altrove ci si è lamentati dell'eccessiva burocrazia italiana? Quante volte si è detto che, ad esempio negli Stati Uniti e in Inghilterra, per costituire una società sono sufficienti pochi dollari e pochi minuti e che il tutto può avvenire via internet?
La ricerca mostra come la totale assenza di controlli sull'affidabilità dei documenti prodotti, consenta, in particolare negli Stati Uniti, di creare società completamente anonime, delle quali non si conosce il "titolare effettivo" (es. in Delaware, Nevada e Wyoming).
Si parla in proposito di "ask-no-question approach".
Il prof. Jarman ha provato, con a disposizione un budget di 10.000 dollari e utilizzando esclusivamente Google, ad aprire conti correnti bancari anonimi e costituire società anonime in 45 paesi. Ci è riuscito 17 volte e in 13 casi si è trattato di paesi appartenenti all'OECD. In Inghilterra, ad esempio, in 45 minuti, sempre via internet, ha costituito una società senza dare prova della propria identità, emettendo titoli al portatore e nominando amministratori fiduciari. In altri casi ha costituito una società sulla base della sola copia scannerizzata della propria patente di guida.
Invece, sorprendentemente, Svizzera e Bermuda hanno richiesto, per l'apertura di un conto corrente, di produrre copia autenticata da un notaio del proprio certificato di nascita.
La conclusione è che i paesi OECD sembrano più "lassisti" in punto di regolamentazione documentale, rispetto ai classici paradisi fiscali e gli Stati Uniti sono il peggiore, addirittura peggio di Liechtenstein e Somalia.

mercoledì 1 aprile 2009

L'importanza dell'affidabilità documentale

Dove si sottolinea il nesso tra crisi finanziaria e crisi documentale, argomento sul quale ritorneremo con un'altra segnalazione nei prossimi giorni.


Un mare di documenti tossici

di Maurizio Ferraris

(da Il Sole 24Ore del 29 marzo 2009)


Supponiamo che a un certo punto scoprissimo che non tutti i cedolini dello stipendio che riceviamo siano esatti, e che qualche volta (diciamo, nel 7% dei casi) siano falsi, cioè non corrispondano alle ore di lavoro effettivamente prestate e al salario pattuito. Immagino che il nostro primo istinto sarebbe di chiedere delle verifiche, ma supponiamo che anche il 7% delle verifiche fossero documenti falsi, e che questa percentuale si estendesse a tutti gli altri documenti con cui abbiamo a che fare: carte di credito, certificati di proprietà, azioni, carte di identità. E' evidente che diventeremmo a dir poco scettici nei confronti del restante 93% e cadremmo in preda prima allo sconcerto, poi al panico. Un panico che assumerebbe dimensioni globali qualora scoprissimo che il resto del mondo si trova esattamente nelle nostre condizioni.
Come ha sottolineato la stragrande maggioranza degli esperti, questo è ciò che è avvenuto nell'attuale crisi finanziaria. Se cerchiamo di concettualizzarlo filosoficamente, ci rendiamo conto che investe la sfera di quella che ho proposto di chiamare "documentalità", in quanto caratteristica essenziale degli oggetti sociali. Come ho argomentato estesamente in Dove sei? Ontologia del telefonino (2005), questi oggetti (cose come i soldi, i debiti, i passaporti, le promesse) rispondono alla legge "Oggetto = Atto Iscritto".
Vale a dire che sono il risultato di atti sociali - tali cioè che coinvolgano almeno due persone - e che devono essere iscritti, su carta, su un file di computer o anche semplicemente (si pensi a transazioni molto semplici o molto segrete) nella testa delle persone. Se il documento non c'è, allora scompare l'oggetto sociale o non sorge mai, ed è per questo che le economie povere di documenti sono anche scarsamente sviluppate. Se viceversa il documento non è garantito, ecco che si fa avanti la crisi.
In una intervista e in un articolo apparsi su "Newsweek", lo scienziato politico Hernando De Soto, direttore dello Institute for Liberty and Democracy e consulente economico di molti governi, conforta questa ipotesi. La caratteristica centrale della crisi è proprio il fatto che non si sia in grado di quantificare il numero di documenti tossici che circolano nel mondo. Christopher Cox, ex presidente della Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti calcola l'ammontare dei titoli tossici a uno o due milioni di dollari, il segretario del tesoro Timothy Geithner dice che sono tre o quattro. In realtà nessuno sa esattamente quanti siano e quali organismi finanziari, banche e assicurazioni, li detengano. Così, tra un banchiere di Manhattan e l'abitante di una favela viene a stabilirsi almeno un punto in comune. Quest'ultimo non ha titoli di proprietà, è un sans papiers; l'altro ne ha, ma, in parte, non sono affidabili, e questa incertezza viene a investire la sfera dei documenti nel loro insieme. Non mi è facile condividere l'idea di De Soto che negli Stati Uniti tutto - tranne i derivati - sia legalmente documentato, se è vero che nel dicembre scorso, a New York, un giornalista del New York Daily News è riuscito a rubare per un giorno, con falsi documenti, l'Empire State Building, e che negli Stati Uniti, dove non esistono i notai, sono circa sessantamila le proprietà che passano di mano grazie a falsa dichiarazioni. Senza considerare poi che, come sostiene il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz in The Three Trillion Dollar War. The true cost of the Iraq conflict (pubblicato con Linda Bilmes nel 2008), un particolare lassismo nei controlli documentali è stato funzionale al finanziamento del debito pubblico per le spese militari americane. Il punto concettualmente importante resta tuttavia il nesso tra crisi finanziaria e crisi documentale.
Sotto il profilo degli interventi e dei rimedi, la parola spetta ovviamente agli economisti e ai politici, che non a caso si orientano sulla trasparenza delle regole di creazione dei documenti, un aspetto su cui si è a giusto titolo molto insistito sul Sole 24 Ore (per restare agli interventi più recenti, Galimberti 24 gennaio, Foglia e Luzzi 19 febbraio, Santamaria 21 febbraio, Bastasin 25 febbraio, Micossi 28 febbraio, Longo 1 marzo). Per il curioso di filosofia resta da riflettere sul fatto che, nel definire la scrittura un pharmakon, un rimedio ma anche un veleno, Platone profetizzava, con argomenti ancora validi, l'invasione di carta tossica con cui devono misurarsi i governanti postmoderni.